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Il termine “dolore” identifica la percezione di una sensazione spiacevole, di avversione, che viene avvertita a livello di una regione somatica.
A riguardo, infatti, la ‘Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore’ (IASP) fornisce la seguente definizione:
“Il dolore è una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un danno attuale o potenziale dei tessuti”.
Da questa definizione si deduce come il dolore non sia una semplice percezione ma una complessa esperienza sensoriale,
cioè una emozione.
Il carattere di spiccata soggettività del dolore costituisce quindi uno dei fattori che rendono difficile la sua definizione ed il suo trattamento
terapeutico. Il dolore è infatti qualcosa di più di una importante esperienza sensitiva che mette in guardia da un pericolo.
La variabilità del dolore umano suggerisce l’esistenza di meccanismi in grado di modulare la trasmissione del dolore a livello delle vie
che trasmettono le informazioni dolorifiche e di modificare la reazione emotiva al dolore da parte dell’organismo.
È il sistema nervoso centrale che genera entrambi i tipi di attività modulatoria. Uno stimolo dolorifico a livello della regione orofacciale,
dovuto ad un danno tissutale o ad un’infiammazione, eccita gli organi sensitivi (nocicettori) nei tessuti periferici che avvertono così lo stimolo
nocicettivo e lo trasmettono al sistema nervoso centrale attraverso delle fibre nervose (nervi).
Il nervo trigemino innerva tutte le strutture dell’area orofacciale, tramite fibre che provengono dai nuclei sensitivi trigeminali (NST).
Il dolore può essere classificato in diversi modi. Le principali classificazioni sono basate sulla durata del dolore e sulla sua patogenesi.
Da un punto di vista temporale, si può distinguere il dolore in acuto (di breve durata, nel quale, di solito, è ben evidente il rapporto di
causa/effetto), persistente (giorni o settimane) e cronico (di lunga durata e collegato a modificazioni plastiche del sistema nervoso);
dal punto di vista patogenetico, è possibile distinguere il dolore nocicettivo, in seguito a trauma o a insulto termico o chimico,
dal dolore neuropatico, che origina all’interno del sistema nervoso. Spesso le componenti nocicettiva e neuropatica coesistono dando origine
ad un quadro di dolore misto. Dal punto di vista patogenetico sono riconoscibili inoltre un dolore di tipo psicogeno dovuto ad un’anomala
interpretazione di messaggi normalmente trasmessi alla corteccia, un dolore da deafferentazione dovuto ad un aumento dell’eccitabilità dei neuroni
sensitivi centrali a causa della perdita delle afferenze periferiche e un dolore simpatico riflesso dovuto a produzione di sostanze algogene
da parte del sistema nervoso autonomo. Per quanto riguarda nello specifico il dolore orofacciale, può essere utile una classificazione che tenga
conto anche delle strutture anatomiche dalle quali origina la sensazione dolorosa (strutture somatiche, visceri o da strutture nervose)
classificandolo in dolore somatico, viscerale e neuropatico.
La regione orofacciale è composta da una varietà di tessuti e di strutture: cute, denti, lingua, muscoli, articolazione temporo-mandibolare e
ghiandole salivari. Durante l’assunzione di cibo esse ricevono frequenti stimoli e tale sensazione risulta essere necessaria per ultimare
l’ingestione insieme ai meccanismi di masticazione, di salivazione e di deglutizione. La funzione delle strutture orofacciali sembra pertanto
richiedere una fine regolazione del sistema nervoso. Infatti, la regione orofacciale è una tra le zone anatomiche più innervate ma è anche tra
le aree corporee maggiormente colpita da stati infiammatori e nevralgie croniche. Per tale motivo essa è sede di alcune delle più comuni sindromi
di dolore acuto e di dolore cronico. Ecco quindi come le cause di dolore orofacciale possono essere molteplici, spaziando dal dolore di origine
dento-alveolare, ossia quello derivante dai denti e/o dalle circostanti strutture parodontali (insieme di tessuti che sorreggono il dente,
costituito dall’osso alveolare, dal legamento parodontale e dalla gengiva), a quello, più complesso, di possibile origine muscolo-legamentosa,
dei tessuti molli e neurologico/vascolare.
Le tipologie più comuni di dolore orofacciale in ambito odontoiatrico interessano l’odontalgia (denti, parodonto e mucose), l’articolazione
temporo-mandibolare (ATM) e i muscoli masticatori, senza dimenticare però le ghiandole salivari e le strutture nervose.
Anche i traumi facciali, le osteomieliti e le neoplasie possono essere causa di dolore.
Cause vascolari sottendono alla cefalea a grappolo e ad alcune patologie otorinolaringoiatriche quali sinusiti e neoplasie a livello del seno
mascellare. Otiti, tonsilliti possono essere anch’esse causa di dolori orofacciali. Le algie dentali sono dovute principalmente a ipersensibilità
dentinale, pulpiti e fratture dentali. Le patologie del parodonto più rappresentative sono gengiviti, parodontiti e stomatiti.
Alcune tra le forme di dolore orofacciale sono ben note anche ai non specialisti, e tra queste basti pensare alle pulpiti dentarie
(mal di denti acuto) o alle nevralgie trigeminale (dolore cronico), spesso descritte dai pazienti, in sede di episodio acuto, come uno dei
peggior dolori mai provati nella propria vita.
Le mialgie dei muscoli masticatori possono essere dovute principalmente a traumi, infezioni, malattie infiammatorie o a disordini derivanti
da una dinamica masticatoria non corretta.
Scialoadeniti, scialolitiasi e neoplasie possono esser causa di dolore derivante dalle ghiandole salivari.
Le nevralgie possono essere distinte in nevralgie tipiche e nevralgie atipiche sulla base del tipo, della frequenza, della durata,
della distribuzione del dolore e sulla base della presenza di zone trigger. Le nevralgie tipiche sono caratterizzate da una sindrome dolorosa
circoscritta al territorio di distribuzione di uno specifico nervo presentando quindi un dolore ben localizzato, che aumenta con la stimolazione
di un punto trigger. Le nevralgie atipiche presentano una minor localizzazione del dolore ed assenza di punti trigger. Nonostante possano essere
colpiti altri nervi encefalici con componente sensitiva, come ad esempio il nervo glossofaringeo, la nevralgia più comune è quella trigeminale.
Particolare importanza è rivolta al dolore temporomandibolare. L’ATM può essere causa di dolore sia in caso di patologie malformative che a causa
di patologie infiammatorie, degenerative e traumatiche: sinoviti, capsuliti, osteoartriti, osteoartrosi, fibrosi. Tale disturbo coinvolge i tessuti
profondi e ha caratteristiche ben differenti dal dolore di origine cutanea: esso è diffuso, difficile da localizzare e spesso descritto come ardente
e paralizzante. Al contrario, il dolore cutaneo è altamente localizzato nel sito dello stimolo ed è descritto come rapido, martellante o pungente.
I disordini dell’articolazione temporomandibolare, specialmente quelli associati a traumi, condizioni patologiche interne o ad artriti,
sono comunemente associati a stati di infiammazione acuta o cronica. Alcuni mediatori infiammatori rilasciati "in situ" sono infatti presenti
ad alte concentrazioni nel liquido sinoviale di pazienti con disordini temporomandibolari.
Un’altra patologia di eziologia non nota che negli ultimi tempi ha suscitato sempre più interesse in ambito scientifico è la sindrome della
bocca che brucia, nota anche come stomatopirosi o burning mouth syndrome (BMS). Viene definita come una sensazione intraorale di bruciore
più o meno intenso o dolore o altra disestesia, nella quale la mucosa orale appare normale e non è presente alcuna manifestazione clinica visibile.
È considerata una forma patologica multifattoriale all’interno della quale si intrecciano numerosissimi elementi. La sua prevalenza,
che dipende dai criteri diagnostici utilizzati, varia intorno ad un range compreso fra lo 0,7 – 5,5% ed anche se colpisce entrambi i sessi,
è riscontrata più comunemente nelle donne, in un periodo di tempo compreso fra la quinta e la settima decade, in particolar modo quindi,
in età peri-menopausale. Essa risulta essere una condizione cronica che può comunque persistere molti anni, sebbene ci sia l’evidenza
che alcuni pazienti mostrino una remissione spontanea.
Queste forme di dolore orofacciale influenzano la qualità della vita del paziente che ne è colpito, infatti tali algie risultano importanti
nel momento in cui cronicizzano, divenendo cioè fonte di dolore e disagio persistente. Un paziente con dolore cronico spesso vede ridursi
drasticamente la qualità della propria vita sociale e di relazione e, parimenti, può frequentemente incorrere in periodi di abbassamento del tono
dell’umore o di aumentata ansia.
I meccanismi coinvolti in questi tipi di dolore sono tutt’oggi poco conosciuti e spesso le terapie non sono totalmente soddisfacenti per il paziente.
Lo studio dei meccanismi anatomo-funzionali che sono alla base della trasmissione nocicettiva e dei neurotrasmettitori coinvolti è di fondamentale
importanza per lo sviluppo di valide strategie terapeutiche atte ad alleviare la sintomatologia dolorosa in pazienti affetti da dolore orofacciale.
È pertanto indispensabile approfondire i meccanismi trigeminali coinvolti nella nocicezione e quindi nell’insorgenza del dolore.